I lavori per la costruzione del Carcere Borbonico ebbero inizio il 2 agosto del 1827. Il progetto fu redatto dall’ingegner cavaliere Giuliano de Fazio. La prima pietra fu posta da Giovanni Antonio Zurlo, nella qualità di governatore del Principato Ultra. Il primo padiglione venne ultimato nel 1832 a cui si aggiunsero il secondo braccio e la cappella al secondo piano della tholos centrale. Nel 1837 venne ultimato l’edificio centrale e successivamente per attraversare il fossato venne montato un ponte levatoio.
La struttura del carcere si ispirava alla nascente architettura utilitaristica, ossia edifici collettivi con bracci indipendenti convergenti in un corpo centrale circolare, il cosiddetto panopticon, da dove tutto era visibile.
Il Panopticon, la casa di ispezione, venne descritto per la prima volta dal filosofo e giurista inglese Jeremy Bentham in un trattato pubblicato nel 1791. L’idea alla base di questa tipologia costruttiva era la forma radiocentrica dell’edificio che, grazie anche ad opportuni accorgimenti architettonici, garantiva il pieno controllo della struttura e dei detenuti.
L’edificio del Carcere Borbonico di Avellino si presenta oggi a pianta esagonale con cinque bracci e la tholos, una struttura a pianta circolare che sorge al centro del complesso e dalla quale tramite una terrazza si raggiungono i camminamenti di guardia che costeggiano i bracci collegando il centro della struttura alle mura perimetrali.
I tre padiglioni, originariamente destinati alla detenzione maschile, si differenziano dagli altri per una maggiore cura nel disegno delle facciate tutte realizzate con mattoni a vista e con finestroni inquadrati in arcate incassate. Il complesso comprende anche numerosi ambienti ad un solo livello costruiti nei cortili in fasi successive, utilizzati dalla struttura carceraria come cucine, officine, falegnameria e altre attività che si svolgevano all’interno del carcere.
Tutti i corpi di fabbrica sono racchiusi da un alto muro di cinta in tufo oltre il quale si trova un profondo fossato che separa l’insieme dei fabbricati dalla città. Nel muro perimetrale si aprono varchi di accesso che non lo frammentano, ma conservano intatta la massività della fortificazione muraria, pur introducendo permeabilità ed introspezioni rafforzate dalla convergenza radiale.
Alla palazzina comando, una volta destinata ad alloggio del direttore, si accede da via Dalmazia attraverso il sovrappasso del fossato in sostituzione dell’antico ponte levatoio. Il punto di convergenza dei cinque bracci del carcere è la tholos centrale che ha una pianta di forma circolare composta da due cerchi concentrici. Il cerchio interno si sviluppa per l’altezza di due piani, ha la copertura a cupola ribassata e contiene una scala elicoidale realizzata in pietra lavica lavorata e bocciardata con il fronte dei giardini scorniciato. Al piano terra il passaggio per gli spazi esterni è collegato ai due ambienti a pianta trapezoidale (ex parlatori). Al primo piano sono situati il loggiato e i corselli, al secondo piano la cappella con copertura a cupola per la celebrazione delle funzioni religiose che costituisce il nucleo centrale della tholos.
La struttura era dotata anche di un “padiglione delle donne” e un “padiglione ospedale e ferri vecchi”.